La giovane eredità di Enrico Caruso
Dopo il successo dei Tenors di Napoli il maestro Paolo Scibilia ci farà sedere ai tavoli di caffè insieme a Giacomo Puccini, prima di proclamare i vincitori del Concorso Internazionale di Canto dedicato all’Opera Lirica e Canzone Classica Napoletana
Dopo il successo annunciato dei Tenors di Napoli, al secolo Salvatore Crescenzo, Achille del Giudice e Salvatore Minopoli, che hanno esordito sul territorio italiano, dopo aver incantato Austria, Olanda e Belgio, voci fresche e antiche allo stesso tempo, che sanno guardare al nostro luminoso passato, la II edizione del Caruso – De Curtis Sorrento International Singing Festival & Competition”, ideato e organizzato dal Maestro Paolo Scibilia, iniziativa istituita dal Comune di Sorrento e organizzata dalla Società Concerti di Sorrento, per celebrare le figure di Enrico Caruso, al quale la cittadina è legata storicamente, per il suo soggiorno, presso il Grand Hotel Excelsior Vittoria, nel 1921, suo ultimo anno di vita ed a Giovan Battista De Curtis, autore della famosa Canzone “Torna a Surriento”, volge oggi al termine, con una giornata in cui il direttore artistico dismetterà gli abiti istituzionali e si siederà al pianoforte per suonare e condurre in un magnifico matinée il suo “Belle Epoque Ensemble”.
Finale pirotecnico, che inizierà alle ore 11,30 nei Saloni del Grand Hotel Excelsior Vittoria, con “Il caffè Concerto tra fine ‘800 e primo ‘900, ai tempi di caruso a Sorrento”, quindi alle 13,30 ci si sposterà presso il Ristorante “Donna Sofia” per stare a tavola con Caruso e Puccini, prima di chiudere al teatro Tasso col concerto di Gala finale del concorso canoro con l’esibizione e la premiazione dei finalisti. Il matinèe avrà quale protagonista
la giovane e splendida voce del soprano Giulia Lepore con l’Ensemble “Belle Époque Salon Orchestra” con il Maestro Paolo Scibilia in doppia veste di pianista e direttore, per offrire al pubblico l’Omaggio a Puccini, allargato a ciò che si eseguiva nei cafè chantant d’inizio Novecento frequentati dal genio toscano, evocando anche la grande amicizia con Tosti, ed eseguendo pagine poco conosciute di Buzzi, Peccia, Poldini, Billi, Graziani, Arditi, Gounod e Lehár, prima di ritrovarsi a tavola, presso il circolo Canottieri Irno per un menù particolare dedicato a Giacomo Puccini.
La formazione, composta da Armand Priftuli e Sergio Martinoli al violino, Vladimir Kocaqi al violoncello, Francesco Abate al clarinetto e Ottavio Gaudiano al contrabbasso, con Paolo Scibilia al pianoforte conduttore, un concerto, questo, che rimanda, nel nome e nella vocazione, a quel clima belle époque che vide fiorire in tutta Europa cafés-chantants, saloni per le feste e music-halls.
Il repertorio musicale che vi si ascoltava era quello delle chansons, delle romanze e delle canzoni, dei brani d’operetta italiana e viennese, tanto amati dalla borghesia elegante. Il programma in cui Giacomo Puccini farà la parte del leone, nel suo centenario celebrativo della scomparsa.
Si inizierà con “Un bel dì vedremo…” in versione strumentale, come lo sarà anche il coro a bocca chiusa, da Madama Butterfly, un momento in cui Giacomo Puccini, come suo solito anticipa la tragedia, la prima pagina costruita sulle note della scala del modo Ryo, per chiudere sul tema del ritorno, quindi la nenia cullante, tempo fermo, sospeso, infinito, il suo ingenuo bamboleggiare e incrollabile speranza, fino all’annullamento.
Quindi la nenia che protegge il sonno del bambino e la veglia della madre, quel coro a bocca chiusa, che vale come un delicato femmineo sudario.
Si passerà, quindi alle vere melodie da Caffè, a cominciare da Lolita di Arturo Buzzi-Peccia, una serenata spagnuola in tempo di bolero, dedicata ad Enrico Caruso, quindi, La poupée valsante di Eda Poldini, una miniatura del compositore ungherese, tratto da Marionettes, una pagina che ebbe l’attenzione di Fritz Kreisler.
Finale della prima parte interamente strumentale con la czardas Topsy di Vincenzo Billi e il valzer “Vita Palermitana” di Walter Graziani, pagine dalla fresca invenzione, simboli di un fenomeno di costume, quale la hausmusik e di un prezioso repertorio fornito dai musicisti più vicini agli ambienti aristocratici.
Giulia Lepore entrerà in scena dando voce alla Lauretta del Gianni Schicchi Gianni Schicchi dove ad un pianto struggente segue una lunga sghignazzata, con tutta quella possibile monelleria interamente toscana, per “O mio babbino caro” parodia gaglioffa del lamento.
Successivamente la Lepore canterà il celebre valzer di Musetta, tratto da un lavoro pianistico, precedentemente preparato da Puccini in occasione dell’inaugurazione di una nave, quindi diventato “Quando men vo”, celebre elogio alla vita frivola, il suo canto sfrontato, in una sequenza dove il trionfo si unisce alla commozione, impagabile saluto alla giovinezza che fugge in Bohéme.
Ci trasferiremo, quindi nel mondo dell’operetta con Giulia nelle vesti di Giuditta per ascoltare “Meine Lippen, sie küssen so heiß”, protagonista dell’ultima partitura composta da Franz Lehar, forse la migliore, ove la melodia viene espressa da una linea orchestrale splendida e sontuosa.
Quindi, il soprano intonerà la celebre pagina del violinista Luigi Arditi, “Il bacio”. Siamo nel 1859. Si parla di Vittorio Emanuele II e del suo “grido di dolore”. Del mitico John Brown, impiccato a Charleston, del canale di Suez, dell’Aida di Verdi, di Darwin e della sua “Origine della specie per selezione naturale”… e di tante altre situazioni storiche, allorché all’hotel Queen di Manchester, Arditi si siede al pianoforte e lascia scorrere le dita sulla tastiera del pianoforte ascoltando la sua ispirazione.
Presente in quel momento c’è la cantante che per prima interpreterà la romanza: Marietta Piccolomini, che restò così entusiasta della romanza che volle memorizzare parole e musica, eseguendola a Brighton dove suscitò clamorosi entusiasmi fra il pubblico.
Ed ecco la Juliette di “Je veux vivre” la virtuosistica e celeberrima ariette dall’ opera di Charles Gounod, Roméo et Juliette. Il finale del programma ufficiale sarà dedicato al Francesco Paolo Tosti di ‘A vucchella, del 1903, la scommessa dell’ “immaginifico” Gabriele D’Annunzio seduto ai tavolini del Gran caffè Gambrinus, vinta a spese di Ferdinando Russo che sfidò l’ abruzzese, a scrivere dei versi in lingua napoletana, che aprirà agli omaggi floreali, agli applausi e certamente ai bis.
E’ noto che dopo anni di fatiche, raggiunta una tranquillità economica, il Maestro si ritrovava con i suoi amici sulle rive del lago di Massaciuccoli a pasteggiare, bere e fare bisboccia fino a tardi.
E quindi, al ristorante Donna Sofia, si potrà assaggiare dopo l’entrée con il famoso crostino di fegatini alla toscana, si vedrà evocata la passione per la caccia di Giacomo, che spaziava a penne e a pelo con i suoi amati cani, setter, la sua preferita era la Lea, con i fucili, la spingarda, ancora in bella mostra nella vetrinetta della sua casa, ora museo, attraverso le pappardelle al ragù di coniglio.
Quindi, la passione per i fagioli (quelli di Sorana i suoi preferiti, ancora oggi coltivati nel pistoiese) e l’olio ritorna nella sua ricetta con salvia nel secondo piatto, accompagnati dalle salsicce, quindi, il dolce preferito del Maestro il latte alla portoghese, sorta di crème caramel arricchito dall’aroma delle mandorle, con vin santo, con il frizzante delle colline lucchesi.
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