In Europa dopo Fitto Meloni “balla da sola” (per ora)
A premier interim Affari europei, poi tra i nomi Cirielli e Terzi di Sant’Agata
Roma, 29 nov. (askanews) – Giorgia Meloni non nominerà (per il momento) un ministro per gli Affari europei, mantenendo per sé l’interim della delega di Raffaele Fitto che, come si sa, lascia il governo per assumere il ruolo di commissario e vicepresidente esecutivo dell’Ue. La premier, dunque, sarà in prima persona responsabile dei rapporti con Bruxelles, dove comunque considera Fitto il punto di riferimento del governo italiano. Il doppio ruolo di Meloni, però, non dovrebbe durare a lungo, complice anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che in un pranzo che si è tenuto il 28 novembre al Quirinale avrebbe fatto presente l’importanza di avere un titolare, sia esso un ministro o un sottosegretario delegato. Meloni ha preso nota, rimandando tutto a dopo l’approvazione della manovra, che già sta creando sufficienti fibrillazioni alla maggioranza di centrodestra.
A Fitto è stata organizzata un’ultima “passerella” con le firme degli accordi di coesione con la Sardegna e con la ‘sua’ Puglia, che deve essere “orgogliosa” – come l’Italia intera – per un ruolo che “pone la nostra nazione in una condizione di centralità nella prossima Commissione europea”, ha detto una commossa Meloni. Poi il passaggio in Consiglio dei ministri, al Cipess e nella Cabina di regia per il Pnrr, in cui la premier ha ringraziato “un ministro estremamente prezioso” la cui “competenza rimarrà in ottime mani”, prima dell’applauso e della foto di rito.
Vediamo quindi quali saranno le “ottime mani”. Meloni come prima cosa assumerà l’interim. Poi procederà a ‘spacchettare’ il corposo portafoglio, affidando la gestione del Pnrr e della Coesione ai suoi sottosegretari Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano. Resta la questione degli Affari europei, e qui inizia la partita più squisitamente politica. Con due punti fermi. Il primo è la volontà di Meloni di toccare il meno possibile la squadra, “allergica” – come viene definita – alla parola rimpasto. Il secondo è che “se esce un ministro di Fdi entra un ministro di Fdi”. In questo caso il candidato ‘naturale’ sarebbe Edmondo Cirielli, attuale vice ministro agli Esteri. “Però – riflette una fonte di governo – è difficile sostituirlo: ha esperienza e non ci sono altri esponenti di Fdi adeguati per quel ruolo”. Nome alternativo è quello di Giulio Terzi di Sant’Agata, ambasciatore, già ministro degli Esteri nel governo Monti, attualmente senatore di Fdi. Altrimenti c’è l’ipotesi, che si riaffaccia un po’ ogni volta che si tratta di individuare un profilo rilevante, di Elisabetta Belloni, direttrice del Dis, sherpa del G7, abile ed esperta mediatrice.
Dunque la porta sembra “sbarrata” per gli alleati, in primo luogo per Forza Italia, a cui piacerebbe molto la responsabilità dei rapporti con Bruxelles. Antonio Tajani pubblicamente assicura che non ne fa “una questione di poltrone” e che “alla fine deciderà la presidente del Consiglio”. Ma sicuramente – spiega chi ci ha parlato – intende “far pesare” l’aiuto che, per suo tramite, il Ppe ha dato per superare le diffidenze sul ministro pugliese. Così come intende far pesare i “sacrifici” fatti dagli azzurri, premiati dalle urne, ma non ‘ricompensati’ nella compagine dell’esecutivo, dove ormai si ritengono sottorappresentati rispetto alla Lega. Per Fi ci sarebbero già anche alcuni potenziali candidati. “Ma dubito che Meloni voglia privarsi di un ministro ‘suo’ per accontentare Forza Italia. Anche se – spiega una fonte azzurra – sarebbe un ruolo più che altro di rappresentanza, perchè il punto di riferimento in Europa resterà Fitto”.
Un fatto, quest’ultimo, che Meloni non nasconde, quando dice che il nuovo vice presidente esecutivo “ci consente di avere un occhio di riguardo rispetto a molte materie che sono di interesse della nostra nazione”. Anche se i Trattati dicono altro, come ha ricordato Fitto, assicurando che opererà “a difesa dell’interesse comune europeo”.
di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli