“Carne da maschi”, le donne africane nella narrativa fascista
Il saggio di Massimo Boddi
Roma, 3 lug. (askanews) – È uno spaccato insieme storico e letterario il nuovo saggio di Massimo Boddi intitolato “Carne da maschi. Donne africane nella narrativa imperialista. Fascismo e romanzi coloniali” (Aracne, 14 euro), documento sia della retorica parodistica che della smaniosa velleità imperialista del regime fascista. L’autore apre a nuove prospettive di studio testuale e stilistico immergendo il lettore nell’atmosfera di una dozzina di romanzi coloniali italiani, scelti con cura e di cui propone ampi stralci alla riflessione.
Una ricognizione che si articola nell’esame della produzione narrativa di Arnaldo Cipolla, Luciano Zuccoli, Enrico Cappellina, Guido Milanesi, Mario Dei Gaslini, Gino Mitrano Sani, Vittorio Tedesco Zammarano. Romanzi in cui abbondano metafore e richiami sessuali, che offrono una casistica completa di comportamenti, ripetitivi ma con sfumature diverse. Boddi analizza in modo critico la terminologia in uso per poi focalizzare l’attenzione sulla rappresentazione letteraria delle donne colonizzate da parte del maschio italiano (per lo più militare-scrittore) e sul loro rapporto di sudditanza verso militari e coloni di stanza in Libia, Somalia, Eritrea ed Etiopia.
Piuttosto che di letteratura coordinata o patriottica, ciò che realmente contraddistingue il romanzo coloniale è l’uso morboso dell’erotismo come categoria significante: “L’Africa coloniale, per il lettore italiano, era tradotta come mondo irreale, affascinante, carico di mistero e di istinti primordiali. Gli autori, sollecitati dal regime fascista nella produzione di una forma di arte pura, in nome dell’imperialismo spirituale, hanno piuttosto collaudato schemi più allettanti. Quelli cioè dettati dal desiderio di trasgressione sociale e dal rovesciamento dei tabù, dall’attivazione di fantasie esotico erotiche e dal vero e proprio incitamento al sadismo sessuale in colonia, secondo i codici del machismo e del razzismo” sottolinea Boddi.
Il desiderio erotico, oltre che fruttuoso espediente commerciale, gioca un ruolo importante nei romanzi coloniali. Ha la funzione di forza motivante, prepara, o per così dire anticipa la vera e propria attività sessuale sul campo: come viene dimostrato nel saggio, razzismo e sessismo sono il prodotto di un processo intrinsecamente connesso alle relazioni sociali di dominio. Il corpo delle donne africane, nella narrativa imperialista, è catturato, manipolato e standardizzato come strumento sessuato, convertito a dispositivo di sottomissione, conquista e potere.
Si veda, ad esempio, la rappresentazione che ne rendeva l’ufficiale-scrittore Gino Mitrano Sani nel romanzo, “….e pei solchi millenarii delle carovaniere” pubblicato nel 1926: “Donne nere, donne brune, fanciulle precocissime, carne da maschi, strumenti della calda lascivia del sangue”. Oppure, sempre dello stesso sutore, nel successivo “Femina somala” dato alle stampe nel 1933: “Elo seppe tornare bestia di sesso diverso che non pensa e non sente, che polluta da qualsiasi uomo non sente che la prona remissività e la materialità della funzione creatrice”.
Africa, come porno-tropico; femmina indigena, come preda e “carne da maschi” alla mercé del conquistatore italiano. Ciò che rimane dei personaggi femminili analizzati dall’autore è un complesso di comportamenti e connotazioni sessuali senza razionalità e senza diritto di negoziazione. Boddi, con merito, lascia parlare i testi, i materiali, le pagine scritte, i dialoghi, riuscendo, intelligentemente ed efficacemente, a farne rivivere le trame nel loro sfondo, nel loro tempo e nel loro clima. Si delinea così una tipologia di figure femminili diverse tra loro ma provviste di una serie di tratti permanenti che tornano come leitmotiv nei vari romanzi.