Europarlamento domani vota se avviare retromarcia sul Green Deal

Europarlamento domani vota se avviare retromarcia sul Green Deal

Tentativo Ppe di annacquare legge contro deforestazione importata

Bruxelles, 13 nov. (askanews) – Il Parlamento europeo potrebbe votare domani, durante la sua “mini plenaria” di novembre a Bruxelles, se avviare la marcia indietro sul Green Deal, cominciando, come vuole il Ppe, da una delle sue misure più importanti: il regolamento Ue contro la deforestazione importata, che era già stato approvato definitivamente dal Consiglio Ue il 16 maggio 2023, ed è già entrato in vigore dal 29 giugno dello stesso anno.

Il regolamento impone un “dovere di diligenza”, con norme obbligatorie, a tutti gli operatori e commercianti che immettono sul mercato Ue, o esportano da esso alcune materie prime (olio di palma, prodotti bovini, legno, caffè, cacao, gomma e soia), in modo da garantire che non provengano da terreni che sono stati oggetto di deforestazione. Le norme si applicano anche a una serie di prodotti derivati quali cioccolato, oggetti di arredamento, carta stampata e prodotti per l’igiene personale a base di olio di palma. Gli operatori saranno tenuti a garantire la tracciabilità delle materie prime da loro vendute, rispetto ai terreni da cui provengono.

Il regolamento prevede che le sue disposizioni diventino vincolanti dal 30 dicembre 2024 per le imprese e gli importatori di grandi e medie dimensioni, e sei mesi dopo, dal 30 giugno 2025, per le piccole e micro imprese. Ma la Commissione europea ha presentato una proposta legislativa il 2 ottobre scorso, che prevede di una modifica del testo già approvato, per ritardare di un anno esatto queste due scadenze, portandole rispettivamente a fine 2025 e a metà 2026.

L’obiettivo dichiarato è quello di rendere le nuove norme applicabili in modo più agevole ed efficace da parte degli operatori di mercato. La proposta della Commissione, nella sua introduzione, sottolinea quattro volte che non intende modificare alcuna norma sostanziale del regolamento.

Dopo che i ministri in Consiglio Ue hanno già approvato in prima lettura la proposta di rinvio di un anno, tocca ora al Parlamento europeo pronunciarsi. Ma invece di limitarsi ad approvare la proposta, o al limite a pronunciarsi per una modifica della durata del rinvio, la plenaria del Ppe è chiamata a votare 15 emendamenti, presentati a sorpresa dal Ppe, che mirano anche a cambiare sostanzialmente il testo del regolamento, introducendo una serie di esenzioni per tutto il settore del commercio, definendo una nuova categoria di paesi “a rischio zero di deforestazione” che potrebbero esportare nell’Ue senza controlli, e cancellando alcune delle misure vincolanti per certe categorie di imprese.

Se non vi sarà un rinvio all’ultimo momento del voto di domani, o un accordo tra gruppi politici che convinca il Ppe a ritirare i propri emendamenti, è molto probabile che le “modifiche sostanziali” richieste siano sostenute dalla cosiddetta “maggioranza Venezuela” (Ppe, conservatori dell’Ecr e “Patrioti” e Sovranisti dall’estrema destra).

Questo innanzi tutto aumenterebbe la tensione già molto alta in seno alla vecchia “maggioranza Ursula” (Popolari da una parte e S&D e Liberali di Renew dall’altra) che non è ancora riuscita a uscire dal pantano dei veti incrociati sulle audizioni di conferma dei membri designati della prossima Commissione europea. E in secondo luogo metterebbe von der Leyen in una situazione delicata, perché dovrebbe decidere se bloccare il tentativo del suo stesso partito, il Ppe, di stravolgere un regolamento già in vigore, che ha dichiarato ripetutamente di non voler assolutamente modificare (tranne che per i tempi di attuazione), o se invece tacere, e aspettare di vedere se i Ventisette, in Consiglio Ue, accetteranno le modifiche eventualmente introdotte dal Parlamento europeo.

Va ricordato che, nel primo caso, la Commissione può ritirare, o minacciare di ritirare, in qualunque momento del processo di approvazione le sue proposte legislative, se lo considera opportuno. Inoltre, se l’Esecutivo comunitario si oppone a degli emendamenti, il Consiglio Ue può approvarli in seconda lettura solo all’unanimità (non basta la normale maggioranza qualificata). Da anni, comunque, il Parlamento europeo e il Consiglio Ue non ricorrono quasi più alla seconda lettura, perché approvano i testi legislativi in prima lettura dopo aver raggiunto accordi informali in negoziati a tre (“triloghi”) con la Commissione.

Se, nel secondo caso, il Consiglio accettasse anche solo in parte le modifiche sostanziali chieste dal Parlamento europeo, senza una ferma opposizione da parte della Commissione, è evidente il segnale che verrebbe dato dall’Esecutivo comunitario, nonostante i proclami contrari ripetuti da gran parte dei commissari designati durante le loro audizioni di conferma: il segnale che dal Green Deal si può tornare indietro, e che la retromarcia può essere innestata persino riguardo alle misure che sono già state adottate e sono entrate in vigore.

Esattamente quello che vogliono l’estrema destra, i Conservatori dell’Ecr e una buona parte del Ppe. A questo punto, si potrebbe concludere che il processo legislativo dell’Unione europea è ormai finito in mano a questi gruppi, ovvero alla “maggioranza Venezuela”, e non è più controllato dalla vecchia “maggioranza Ursula” europeista.

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