Il “Paese dei Radicchi”: un libro racconta un’eccellenza italiana

Il “Paese dei Radicchi”: un libro racconta un’eccellenza italiana

Un excursus storico-gastronomico corredato da immagini e ricette

Milano, 24 dic. (askanews) – Che cosa succede quando la rustica cicoria selvatica si trasforma in un fiore speciale dal gusto inconfondibile e sopraffino? Quell’ortaggio fa il giro del mondo e diventa uno dei simboli dell’eccellenza alimentare italiana. È quanto accaduto al radicchio: nato in Veneto grazie alla pratica anti-spreco inventata dai contadini per far durare più a lungo la cicoria selvatica e via via perfezionatasi nel tempo, fino ad ottenere quell’insalata dal colore rosso, dalla consistenza croccante e dal sapore amarognolo così apprezzata. Il radicchio è oggi declinato in cinque Igp attribuite dalla Ue ad altrettanti prodotti veneti: il Radicchio rosso di Treviso, precoce e tardivo, quello variegato di Castelfranco, quello di Chioggia e quello di Verona.

All’excursus storico-gastronomico dedicato alle origini e alla diffusione dei cinque radicchi Igp italiani (i veneti Radicchio rosso di Treviso, precoce e tardivo, Radicchio variegato di Castelfranco, Radicchio di Chioggia e Radicchio di Verona) è il libro il “Paese dei Radicchi – Storia e sapori di un’eccellenza tutta italiana” (Trenta Editore) di Manuela Soressi, giornalista e scrittrice specializzata nel food. Un volume corredato dalle ricette ed immagini della chef Claudia Fraschini e con la prefazione del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia.

La nascita del radicchio moderno, il suo successo globale, il legame con il territorio e le stagioni, gli aspetti nutrizionali e salutistici i temi portanti del libro, oltre a tante esclusive ricette. Insieme ad un’accurata carta d’identità dei radicchi Igp italiani, tutti diversi tra loro per forma, consistenza, stagione, sfumature di colore e gusto.

“Tutti i radicchi sono cicorie, perché appartengono alla stessa famiglia botanica, ma non tutte le cicorie (anche quelle rosse) sono radicchi” spiega Soressi, sottolineando che “i radicchi infatti rappresentano una bella storia di serendipity all’italiana: la ricerca di un modo per conservare le cicorie selvatiche di campo appena raccolte (le cosiddette “raici”, radici) ha portato a creare un ortaggio che in natura non esisteva”. “La miseria e la conseguente necessità dei contadini veneti di preservare un alimento povero come la cicoria, tenendolo al caldo, all’umido e al buio, ha dato vita infatti ad una prassi affinatasi nel tempo, grazie a un processo collettivo di miglioramento che ha scritto una pagina importante nella storia dell’agricoltura italiana” prosegue l’autrice, aggiugendo “prassi che, perfezionata con le tecniche di imbianchimento provenienti dall’Europa settentrionale, ha dato risultati insperati, nobilitando l’umile cicoria e trasformandola in un ortaggio gustoso, dal sapore diverso e dalla consistenza gradevole, diffusosi da inizio Novecento in poi fino a farsi conoscere anche all’estero”.

Oggi il radicchio è la seconda insalata più coltivata in Italia dopo la lattuga, con una produzione sestuplicata nell’arco di un decennio. Secondo i dati Ismea, ogni anno se ne raccolgono in media 260mila tonnellate, in gran parte provenienti dal Veneto. Ma non solo: visto che ormai la rossa cicoria è seminata in molte altre regioni, dalla Lombardia passando per l’Emilia Romagna fino all’Abruzzo.

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